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Bollette, un autunno da incubo: "Gas in aumento del 70 per cento"

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Bollette, un autunno da incubo: “Gas in aumento del 70 per cento”

Postato da: Francesca Emilio
Categoria: Notizie

Dall’Ucraina a Israele, passando per il sabotaggio del gasdotto Estonia-Finlandia, i venti di guerra potrebbero avere ricadute pesanti sui prezzi dell’energia, proprio ora che sta arrivando il freddo. Cristiano Bilucaglia, presidente dell’osservatorio per l’energia Ubroker, preannuncia addirittura un “autunno da incubo” per i consumatori italiani.

Secondo l’osservatorio “la situazione potrebbe esplodere ed allargarsi, coinvolgendo altri Paesi chiave sotto il profilo dell’approvvigionamento, come ad esempio il Nord Africa, l’Algeria, la Libia e l’Azerbaijan. Una guerra di religione che si giocherà su tutti i campi a disposizione e che influenzerà le sorti dell’Europa e dell’intero settore energetico: non dimentichiamoci che il Medio Oriente detiene il 42% delle riserve globali di gas”. A inizio settembre, l’Osservatorio uBroker aveva pubblicato le stime sull’andamento dei prezzi di luce e gas per i prossimi due trimestri, l’ultimo del 2023 e il primo del 2024. I dati, ancora ignari del conflitto mediorientale, parlavano di un rincaro della materia prima sul lungo periodo del 60% per il gas (PSV) e del 35% per l’energia elettrica (PUN). In seguito al conflitto, questo lungo periodo si è accorciato: le previsioni per il prezzo del gas di ottobre (36,50 euroMWh) sono state di gran lunga superate con mesi di anticipo.

L’indice PSV infatti ha chiuso settembre con un valore medio di 37,01 euroMWh, che in ottobre è salito a 40,02 euroMWh. Gli aumenti si fanno sentire anche sulla bolletta della luce, salita già del 23,42% rispetto ad agosto e destinata, per l’Osservatorio uBroker, a lievitare di un altro 45,95% a gennaio 2024. In generale, è previsto da tutti i principali operatori del settore un rincaro complessivo di luce e gas di circa 310330 euro annui per nucleo familiare. Le ragioni sono molteplici. A causa del conflitto, Israele ha già chiuso per ragioni di sicurezza un importante giacimento di gas, quello di Tamar. Un altro grande giacimento, il Leviathan, sempre sotto il controllo di Israele, potrebbe facilmente diventare oggetto di conflitto. A questi fattori, se ne aggiungono altri: la ripresa degli scioperi dei lavoratori dei progetti Gnl di Chevron in Australia, il fabbisogno crescente della Cina, l’interruzione del gasdotto Baltic Connector in Finlandia e la fine del mercato tutelato. Il problema, spiegano dall’Osservatorio uBroker, resta la dipendenza energetica dell’Italia e dell’Europa da Paesi instabili. Oggi il 36% del gas ci viene fornito dall’Algeria. Una dipendenza che si ripercuote sulle bollette e anche sul pieno dell’auto, ormai alle stelle e sulla via di non ritorno.

Ogni crisi ricorda all’Italia che non ha fatto abbastanza per aumentare la propria indipendenza energetica. L’indicazione primaria è sempre la stessa: aumentare gli investimenti nel settore energetico, puntando tutto sulle fonti non fossili.

Articolo: Quotidiano.net