Col gas e l’elettricità che schizzano alle stelle, le compagnie energetiche dall’inizio dell’anno stanno scrivendo ai loro clienti che cambieranno i contratti e alzeranno le tariffe. Possono farlo, la legge lo permette, anche se sul contratto c’era scritto “prezzo bloccato”. Quello che può fare l’utente è cercare un’offerta migliore da un altro operatore, sul mercato libero. E poi, sfruttare questa crisi per imparare a consumare di meno.
«In questi giorni – spiega Consumerismo No Profit – cittadini e imprese di tutta Italia che rientrano nel mercato libero dell’energia stanno ricevendo comunicazioni di recesso o modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali sulle forniture di luce e gas inviate dai vari operatori». È tutto legale, le modifiche sono permesse dalla legge, anche per i contratti a tariffa fissa. Le variazioni ai contratti, aggiunge l’associazione, prevededono «un peggioramento delle condizioni economiche offerte ai consumatori». Un kilowattora, spiega Consumerismo, «viene offerto a 0,60 euro, quando in condizioni di normalità il prezzo medio era di circa 0,22 euro (quindi il 300% in più)».
L’associazione consiglia quindi agli utenti «di tornare il prima possibile alle condizioni di tutela, sia per l’energia elettrica che per il gas. Questo perché, nonostante le tariffe siano ancora elevate, le condizioni sono regolate da Arera, e si evita il rischio di rinegoziazione anticipata delle condizioni economiche da parte degli operatori».
L’Unione nazionale consumatori condivide l’analisi ma è più sfumata sulle soluzioni. «Non c’è una ricetta unica – spiega Marco Vignola, responsabile Energia -. Prima di questi aumenti del gas e dell’elettricità, iniziati a metà del 2021, sul mercato libero la maggior parte dei contratti era a tariffa fissa, per bloccare prezzi che allora erano convenienti. Oggi invece chi fa un contratto a tariffa fissa, rischia di ritrovarsi fra un anno con bollette salate, anche i prezzi sono scesi. Infatti oggi la maggior parte dei contratti sul mercato libero è a tariffe indicizzate, che possono scendere dagli attuali livelli. Quelli sul mercato tutelato (che comunque finirà nel 2024) sono tutti indicizzati, ogni tre mesi».